Antonio Pinto e Alberto Sgaramella sul Sole 24Ore per aver ottenuto condanna della banca a restituire le somme investite tramite Credito Lombard

Antonio Pinto e Alberto Sgaramella sul Sole 24Ore per aver ottenuto condanna della banca a restituire le somme investite tramite Credito Lombard

Con sentenza n. 825 del 12.03.2024, il Tribunale di Firenze – Giudice Dr.ssa D. Bonacchi – ha accolto le tesi difensive di un investitore, assistito dagli Avvocati Antonio Pinto e Alberto Sgaramella, che ha convenuto in giudizio una delle principali banche italiane per ottenere il risarcimento del danno subito, per oltre 460.000 euro, per effetto delle perdite di una gestione patrimoniale mobiliare associata ad un’operazione di Credito Lombard.

Il cliente, dopo aver manifestato al proprio private banker l’interesse ad investire una parte dei propri risparmi, era stato indotto a richiedere la concessione di un c.d. “Credito Lombard”, presentato come necessario per l’accesso al servizio di Gestione Patrimoniale Mobiliare dalla sua Banca di fiducia.

Con l’erogazione del “Credito Lombard” (un’operazione complessa e caratterizzata da più rapporti giuridici tra loro interconnessi), il cliente era stato indotto ad investire 600.000 euro circa ed è diventato titolare di un conto corrente di appoggio e beneficiario di un finanziamento a revoca dell’ammontare di € 1,65 milioni, garantito (per il valore complessivo di circa € 2,2 milioni) dalla costituzione in pegno degli strumenti finanziari che l’intermediario avrebbe acquistato anche nell’ambito della Gestione Patrimoniale Mobiliare.

Tra il gennaio 2020 e il maggio 2020, il patrimonio gestito dalla Banca aveva fatto registrare una perdita di oltre il -20%, sino a quando la Banca non ha fatto cessare la GPM, ha liquidato i titoli investiti e incassato la garanzia residua senza intaccare il capitale prestato tramite il Credito Lombard, mentre il cliente ha dovuto sostenere la perdita integrale del capitale da lui direttamente investito.

Così il cliente ha adito il Tribunale di Firenze e ha convenuto in giudizio la Banca sostenendo (tra le altre difese) che:

a)   il Credito Lombard, per le caratteristiche con cui era stato presentato nel caso di specie, costituiva una vendita abbinata (cioè un’operazione complessa di più prodotti e servizi singolarmente individuati) composta dal conto corrente di appoggio, da un fido in conto corrente a revoca, da una garanzia collaterale costituita dal pegno sugli strumenti finanziari depositati presso la Banca e, in questo caso, da un rapporto di Gestione Patrimoniale Mobiliare. Sicché la complessa operazione era avvenuta in violazione del Regolamento Intermediari Consob applicabile ratione temporis, in quanto non accompagnata dalla informazione al cliente della possibilità di acquistare separatamente i diversi componenti del pacchetto, né del modo in cui la loro composizione avrebbe modificato i rischi di investimento, né dalla verifica dell’adeguatezza dell’operazione nel suo complesso rispetto alle concrete esigenze del cliente;

b)   vi fosse responsabilità contrattuale della Banca per inadempimento agli obblighi di correttezza, diligenza, trasparenza e buona fede, nonché per violazione degli obblighi informativi, avendo  omesso prima e durante il rapporto: di raccogliere correttamente e adeguatamente tutte le informazioni necessarie ai fini dell’investimento, sia in relazione all’esperienza e conoscenza, sia in relazione agli obiettivi di investimento del cliente; di informare il cliente della possibilità di acquistare separatamente i diversi componenti del “pacchetto” Lombard; di adottare le precauzioni organizzative dovute in materia di conflitti di interesse; di fornire una adeguata informazione, sia ex ante che ex post, in considerazione delle specifiche esigenze dell’investitore sia dal punto di vista qualitativo dei singoli titoli sia dell’intero portafoglio; di aver informato il cliente tempestivamente degli avvenimenti sopravvenuti e rilevanti in ordine al valore del patrimonio che si era progressivamente ridotto;

c)   l’inadeguatezza della gestione patrimoniale mobiliare, nonché la violazione del benchmark, anche in quanto si era scoperto che taluni titoli venivano acquistati sul black market o erano riferiti ad emittenti in default;

d)   la responsabilità della Banca convenuta per mancata vendita anticipata dei titoli in garanzia e la violazione degli artt. 1175, 1375, 2790 e 2795 c.c., atteso che la Banca aveva “mantenuto le perdite” senza alcun avviso al correntista e aveva aspettato ad interrompere il rapporto (inducendo il cliente alla revoca della gestione patrimoniale) sino all’ultimo momento antecedente l’inizio della perdita del capitale prestato dalla stessa Banca (a fronte di un fido di € 1,6 Milioni il rapporto di gestione è stato interrotto quando il patrimonio si era ridotto da originari 2,2 Milioni a circa € 1,7 Milioni).

Con la predetta sentenza, il Tribunale di Firenze ha affermato che l’intermediario non può limitarsi a rendere possibile il trasferimento del titolo, ma debba altresì prestare un’attività specifica volta al corretto apprezzamento, da parte dell’investitore, della natura del servizio di investimento e del tipo specifico di strumenti finanziari interessati ed i rischi connessi alle singole operazioni. Infatti, in assenza di un consenso informato dell’interessato, il sinallagma del singolo negozio non trova piena attuazione, con conseguente risoluzione per inadempimento del medesimo. Allo stesso tempo, la mera consegna iniziale del documento sui rischi generali di investimento e la sintetica classe di rischio indicata nella scheda prodotto non sono sufficienti a consentire di ritenere soddisfatto l’obbligo informativo a carico della banca, in assenza di una puntuale e specifica spiegazione del grado di esposizione al rischio che l’investimento in tali strumenti finanziari avrebbe comportato e la segnalazione degli elementi sintomatici del rischio stesso, quali la solvibilità dell’emittente e il rating assegnato nel periodo. Sotto il profilo dell’adeguatezza, invece, ha confermato che il fatto che l’operazione per cui è causa fosse stata valutata “appropriata” al profilo finanziario del cliente, dichiarato da quest’ultimo nel questionario Mifid da lui sottoscritto, non assolve l’onere probatorio a carico della banca. Né il fatto che l’investitore propenda normalmente per investimenti rischiosi fa venir meno l’esigenza dello stesso di essere adeguatamente informato, così da poter scegliere, tra le varie opportunità offerte dal mercato finanziario, quelle che presentino maggiori probabilità di successo.

Si è dunque ritenuto che tali inadempimenti, anche alla luce delle peculiarità del rapporto oggetto di causa, abbiano costituito un grave inadempimento della banca, tale da giustificare la risoluzione del contratto di acquisto dei titoli con conseguente restituzione delle somme investite dal cliente e dei titoli in favore della Banca, che è stata condannata al pagamento di oltre € 460.000, oltre interessi e spese legali.

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